Tra l'Adriatico e i Balcani

Tra le ragioni d’essere della figura professionale del gastronomo vi sono lo studio e la ricerca continui, avvalorati da dinamiche esperienziali e sensoriali costanti sul campo e nel tempo, in cui a ben vedere non esistono confini di sorta – se non politici – e tutto è un fluire e ricombinarsi di civiltà e culture in costante ed eterna evoluzione. Quindi se è vero che, come ci indica un antico adagio “più ci si muove, più si conosce”, anche la gastronomia e i prodotti agroalimentari a essa riconducibili nei vari contesti territoriali, sono motivo di viaggio e di crescita personale.
Tenendo fede a tutto ciò, ho deciso di muovere e fare visita a una regione nella quale non avevo mai messo né piede né naso, immergendomi in un ‘vagabondare’ eno-gastronomico tra la sponda orientale del mar Adriatico ed il cuore dei Balcani.

spalato paolo tegoni
Spalato dal mare
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Il Palazzo di Diocleziano a Spalato

Sbarcato a metà febbraio e di buon’ora nella tersa aria di Spalato, dopo una passeggiata tra i banchi del mercato contadino gestiti soprattutto da donne che offrono ogni tipo di rapa e altri ortaggi prettamente invernali, mi inoltro nella città vecchia dove si respira ancora l’impronta veneziana, impronta lasciata da quasi quattro secoli di dominio da parte della Serenissima Repubblica e che si mescola a quelle successive francese e asburgica.
Ovviamente anche qui la cucina ha assorbito tutte queste influenze e perciò diventa invitante scoprire il crogiuolo di mediterraneità e Mitteleuropa sia in piatti della riviera dalmata che dell’entroterra, spaziando tra squisite ricette di pesce – freschissimo e con l’imbarazzo della scelta -, risotto al nero di seppia (crni rižot) o in altre versioni marinare, un saporoso na ražnju, agnello allo spiedo con le sue doverose patate al forno, oppure un’altra specialità locale patrimonio culturale della Croazia, denominata soparnik: una torta salata ripiena di tenere bietole, prezzemolo e aglio striato di Ljubituvica, borgo sito tra Sibenico e Spalato dove si coltiva questo particolare Allium Sativum di rara aromaticità.
Tappe d’obbligo prima di proseguire il viaggio sono il Palazzo di Diocleziano – patrimonio mondiale Unesco dal 1979 assieme al centro storico cittadino – e il museo dedicato allo scultore Ivan Meštrović

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Il delta della Neretva

Poi via lungo la litoranea direzione sud, in questa primavera anticipata dai mandorli in fiore in odore di iodio, oltrepassando il delta della Neretva costellato da piantagioni di agrumeti a perdita d’occhio. Vale la pena fermarsi lungo la strada a sorseggiare una meritata spremuta d’arancia o di mandarino, ammirando di fronte il braccio d’Adriatico e la penisola di Pelješac (Sabbioncello), nostra prossima meta.
Oltrepassato l’unico lembo di Bosnia-Erzegovina che guarda il mare, si rientra in Croazia e all’altezza di Zaton Doli si devia a destra in direzione Mali Ston e Ston, vero paradiso per i buongustai.
La suddetta penisola, infatti, oltre ad esseråe un luogo pregno di storia e di incantevoli spiagge, è una miniera di specialità enogastronomiche, a partire dalle ostriche della baia di Blaževo nel fiordo di Malostonski, allevate nelle acque ricche di plancton ed incontaminate di questo braccio di mare.   Confesso che sono veramente squisite nella loro polpa succulenta e delicatamente dolce, soprattutto degustate in questo angolo edenico con qualche flûte di Ostreum, un metodo classico elaborato localmente a base di cultivar autoctone fuse a chardonnay che termina l’affinamento sott’acqua a venti metri di profondità accanto alle celle dei frutti di mare.

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La salina di Ston
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La salina di Ston

Un’altra perla di questo prodigo territorio è il sale prodotto nella salina di Ston, di antichissime origini e tuttora in attività. Le vasche per la cristallizzazione finale sono undici, dieci portano il nome di uno specifico santo loro protettore, mentre l’undicesima, dalla quale un tempo si raccoglieva il sale per le persone indigenti e senza mezzi per permettersi questo bene vitale, si chiama Mundo. Proseguendo nella costa occidentale di Pelješac ci si inoltra in uno dei panorami vitati più belli dell’intero Mediterraneo, dapprima attraverso piccole valli ondulate e altopiani con impianti vitati ad alberello basso, poi sul mare aperto nel terroir di Dingač (DOC del 1961 e prima in Croazia), accanto al paese di Potomje.

bura paolo tegoni
Vinarija Bura
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Le vigne a Dingac
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Wine Bar Peninsula a Orebić

Qui merita una visita Bura cellar, dove Boris Mrgudić porta avanti con passione la viticoltura eroica di famiglia, traendo preziosi grappoli da vigne a picco sull’Adriatico che affondano le radici nella roccia madre calcarea.
Le uve sono tutte autoctone: la bianca Rukatac per vini affilati e minerali, la Plavac Mali per rossi mediterranei, potenti e longevi, e la Plavac Mali Sivi (gris) per un orange che da solo vale il viaggio fin qui, ve lo assicuro!
Assieme a Boris e ai suoi colleghi vignaioli si degustano a piacere con prosciutto crudo dalmata affumicato tagliato a coltello o col formaggio pecorino Paški Sir proveniente dall’isola di Pag, ottenuto col sapido latte di ovine che si cibano con erbe spontanee intrise dei venti salsi soffianti sull’isola.

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Le vigne di Vinarija Škegro a Ljubuški
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Vinarija Škegro

Lasciato questo comprensorio marino ricco di straordinari scrigni enogastronomici e, spesa qualche ora nella vicina Dubrovnik come tappa culturale d’obbligo, ci dirigiamo verso l’Erzegovina nella regione vitivinicola tra Ljubuški e Čitluk, caratterizzata da colline carsiche intrise di silicio e quarzo e propizie ai vitigni autoctoni Žilavka (a bacca bianca) e Blatina (a bacca rossa).
Proprio a Ljubuški ci si può deliziare assaggiandoli presso la Škegro Family Winery, rispettivamente nei vini Krš Bijeli Žilavka e Carsus Blatina, entrambi di pregevole fattura.
La famiglia Škegro con una limitata produzione punta decisamente al meglio della qualità e lo dimostra anche col delizioso liquore al melograno Sipkovica e l’olio EVO KRŠ a base di cultivar Oblica, Pendolino, Leccino e Frantoio. Insomma: il Mediterraneo in bottiglia!

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I Burek di carne e di verdure
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Il pane del ristorante "DVERI"
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Il caffè bosniaco

In itinere attraversiamo Mostar col suo ponte ottomano, tragicamente nota per i trascorsi bellici e puntiamo diretti verso Sarajevo, la Gerusalemme dei Balcani e nostro punto d’arrivo.
Qui la cucina e la gastronomia in generale sono un rifiorire di commistioni di popoli e religioni, la dominazione ottomana ha lasciato tracce indelebili alle quali si sovrappongono le asburgiche e le slave in senso stretto.
E allora via nel profluvio tradizionale delle minestre di carne e verdure e delle torte salate farcite: zeljanica con spinaci e formaggio, burek con macinato di carne e spezie e sirnica con formaggio cremoso, che spesso accompagnano un altro classico da gustare nella capitale bosniaca, i ćevapi, particolari polpettine allungate di carne speziata (manzo e agnello) servite con cipolla fresca e kajmak, crema di formaggio spalmabile.
Gli influssi asburgici si rimarcano oltremodo grazie alla cotoletta alla viennese, mentre quelli orientali con la sarma a base di foglia di verza lessata ripiena di carne macinata, riso e spezie.
Immancabili sono – a ogni ora del giorno – il caffè bosniaco e il tè alla turca, veri compagni del dolce far niente.

Vijećnica - Biblioteca nazionale ed universitaria di Bosnia ed Erzegovina
Vijećnica - Biblioteca nazionale ed universitaria di Bosnia ed Erzegovina
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Il punto di incontro tra Est e Ovest a Sarajevo

Nonostante il devastante periodo della guerra in Jugoslavia, Sarajevo racchiude ancora in sé il fascino e il calore della città aperta, multietnica e ponte nei secoli tra oriente e occidente. Sarajevo è un invito al viaggio, alla scoperta di antiche e nuove culture, dove anche la gastronomia accomuna le persone e le fa convivere in pace sotto lo stesso cielo, e questo è ciò che più conta, qui e altrove. 

Paolo Tegoni