La Francia in America: Julia Child

La storia di Julia Child ci insegna che non tutta la nostra strada è già segnata e che, lungo quello che sembra il percorso prestabilito, si può scorgere, forse nascosto, ma lì – da un giorno o da sempre -, un sentiero che scopriamo di voler intraprendere e che da lì a poco si aprirà e diventerà via maestra.
È la storia di tutti noi, dei nostri innamoramenti, delle passioni nate all’improvviso e dei sogni, della fortuna di capire – presto o tardi non importa – qual è quello giusto da seguire, e semmai realizzare.

Julia, da nubile McWilliams, nasce nel 1912 in una famiglia altolocata californiana, prima di tre figli. Sogna di fare la scrittrice e gioca a basket durante il college, per via della sua notevole altezza che più tardi, durante la Seconda Guerra Mondiale, le impedisce di arruolarsi nel Women’s Army Corps o nella U.S. Navy, costringendola a ripiegare in un impiego all’U.S. Information Agency e addirittura all’Office of Strategic Services, che poi sarebbe diventata la CIA, dove pare abbia prestato servizio come spia.

Ed è proprio nell’ambito di questo servizio che viene trasferita a Ceylon, oggi Sri Lanka, dove conosce il marito Paul, di dieci anni più vecchio, che sposa nel 1946. Paul è un uomo dalla smisurata cultura, elegante nel vestire, amante del mangiare e del bere bene, che qualche anno prima ha già vissuto a Parigi mantenendosi come artista e poeta e imparando perfettamente la lingua francese.

paul julia child irene fossa
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Nel 1948 a Paul viene assegnato un lavoro per l’US State Department all’Ambasciata Americana a Parigi e la coppia si imbarca così sulla nave America con entusiasmo – di Paul – e qualche preconcetto – di Julia. 

Ma l’America non è ancora approdata a Le Havre che già Julia adora la sua nuova patria, supera i luoghi comuni sui suoi nuovi concittadini, si dispiace di non capire la lingua, si inebria coi profumi e i sapori. 
Il suo primo pasto in terra francese, alla Couronne di Rouen, accompagnato da una bottiglia di Pouilly-Fumé, è per lei un’epifania, “the most exciting meal of my life”:  una sole meunière di cui, nel suo racconto, ci pare di sentire il profumo di burro e scalogno in cui è sapientemente cucinata.

L’incantamento con Parigi prosegue, tra nuovi amici, una nuova casa, nuove scoperte, ma soprattutto tra bouillabaisserognon sautés e moules marinière. La Francia diventa per Julia patria spirituale, parte di lei e lei parte di essa.

Questa sembra davvero essere la felicità: quel sentiero semi-nascosto, impervio, non segnalato e difficile (ma non impossibile) da trovare Julia l’ha scovato, ed è per lei la cucina francese. 
Inizia a studiare la lingua tre volte alla settimana e non di rado a casa, incoraggiata da Paul, fa una cosa per lei nuova: si mette ai fornelli, cercando di eguagliare i piatti che adora.
Ma non le basta. Si iscrive alla prestigiosa Scuola di Arte Culinaria Le Cordon Blue e pretende di frequentare la classe riservata ai ristoratori piuttosto che quella dedicata alle casalinghe.
Lì a istruirla è Max Bugnard, chef che aveva lavorato con Auguste Escoffier a Londra. Da lui impara non solo le tecniche ma anche che il cibo francese è arte e che richiede la giusta dose di cure e di tempo per diventare quell’esplosione di gusto in grado di cambiare la vita a chi assaggia, esattamente come fu per lei a Rouen. Un’epifania.

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Julia e lo chef Max Bugnard
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Julia con lo chef Bugnard e i compagni di corso

Ed ecco che il sentiero si fa strada maestra: nel 1951 con due amiche francesi, Simone Beck e Louisette Bertholle, fonda a Parigi la scuola di cucina L’École des trois Gourmandes, per poi dare con loro alle stampe il suo primo bestseller, nel 1961, Mastering the Art of French Cooking, un libro di portata enciclopedica che porta nelle case di milioni di lettori e tra le mani di altrettante aspiranti cuoche americane la cucina francese autentica, democratica e alla portata di tutti.

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Julia, Simone Beck e Louisette Bertholle
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Mastering the Art of French Cooking, prima edizione

E così autentica, democratica e alla portata di tutti, nonché impacciata e distratta da fare immediatamente simpatia è anche Julia che, una volta tornata con Paul negli Stati Uniti, appare nel suo primo programma televisivo americano The French Chef, 206 episodi invariabilmente chiusi da quello squillante e inconfondibile “Bon appétit!” in cui porta il pubblico americano alla scoperta dei piatti iconici della cucina d’oltralpe, il soufflé, il bœuf bourguignon, la soupe à l’oignon, e sdogana, in un paese ancora ampiamente puritano, il gusto del mangiare e del bere come uno dei piaceri irrinunciabili della vita.

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Julia durante le registrazioni
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Il dietro le quinte

Julia a cui, durante le registrazioni, cadono continuamente pentole e ingredienti – “Se sei sola in cucina e ti cade l’agnello per terra, raccoglilo. Chi mai lo verrà a sapere?” -, Julia ironica, allampanata, con la voce cinguettante, simpaticamente svampita, non ha mai voluto che un singolo fotogramma fosse tagliato dalle registrazioni, perché lei era una di noi, e così la vedevano gli spettatori, genuina, alla loro portata, rassicurante: un inno alla normalità, al suo potere, alla sua bellezza e alla sua forza di lasciarci andare per cambiare e sognare.

Irene Fossa